Bella e buona fotografia
Le immagini oggi vengono “scansionate” dai nostri occhi in un frenetico scorrere di post. Siamo letteralmente bombardati di stimoli visivi ogni giorno. L’era dei selfie, dei video in diretta, della rincorsa all’approvazione social.
“[…] controlliamo febbrilmente il telefono quasi con la medesima frequenza con cui abbassiamo la leva di una slot-machine, sempre a caccia di qualcosa che ci dia soddisfazione.” ¹
La fotografia non è mai stata così accessibile e alla portata di tutti. Chiunque ha ormai, più o meno facilmente, accesso a una fotocamera, integrata sin nel più basico modello di telefonino. I corsi base di fotografia spopolano. Le riviste fotografiche promettono di far diventare il lettore un bravo fotografo nel tempo di un weekend. Gli articoli di marketing assicurano che per un buon feed su Instagram non è assolutamente necessario essere esperti fotografi: i filtri giusti, la coerenza di stile, un’omogeneità di composizioni pulite accompagnate dalla giusta didascalia, e il gioco è fatto.
Se possiamo chiamare tutto questo “fotografia”, viene da chiedersi: che ne sarà della buona fotografia, in questo scenario?
“[…] se dici un’altra volta che le mie foto sono belle, e non buone, ti caccio via! […] secondo Mulas una bella foto era una foto leccata, priva di anima anche se di grande rigore tecnico, mentre una buona foto può anche essere leggermente sfuocata, un po’ mossa, purché abbia l’anima dentro”. ²
Chiamateci “folli” romantici, noi che continuiamo a credere in una lunga vita della fotografia. È che abbiamo nel cuore i grandi scatti dei maestri del passato. Sappiamo che ogni atto decisivo – quello in cui si sceglie luce e composizione, in cui si preme il pulsante di scatto, in cui si selezionano le immagini da sviluppare, in cui si predilige uno stile piuttosto che un altro in fase di post-produzione: ogni singola scelta non è, e non può essere, replicabile. La scelta di focale, il punto da dove scattare, l’espressione, la luce, i parametri, la composizione. Il modo singolare e unico in cui si vede ciò che accade davanti alla fotocamera, frutto della propria storia personale, del modo di sentire ed essere connessi con il momento, del bagaglio di influenze artistiche accumulato negli anni.
La buona fotografia sopravviverà fintanto che ci saranno fotografi che, per citare Henri Cartier-Bresson, “allineano testa, occhio e cuore”, e situazioni, persone, momenti, luoghi da immortalare che diventeranno parte della storia grazie agli scatti di chi ne ha colto l’essenza, l’atemporalità, l’estetica, l’emozione, il messaggio. Scatti permeati dal significato che il fotografo gli ha attribuito. Scatti che sfuggono al controllo del fotografo e rivivono di vita propria.
“La macchina fotografica è uno strumento molto semplice, anche il più stupido può usarla, la sfida consiste nel creare attraverso di essa quella combinazione tra verità e bellezza chiamata arte. E’ una ricerca soprattutto spirituale.” ³
¹ “Il Silenzio”, Erling Kagge
² Gianni Berengo Gardin, dall’intervista pubblicata sulla rivista “Progresso Fotografico – Serie Oro”
³ “Ritratto in seppia”, Isabel Allende
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