Immagine online e ricerca lavoro: farsi riconoscere per farsi contattare
Social recruiting, Web reputation, Self-marketing, Personal branding. “Parla come mangi!” – tuonerebbe qualcuno, al sentire questa terminologia. Eppure ormai l’uso di questi anglicismi è sempre più diffuso, e soprattutto sempre più diffusa è la modalità di selezione dei candidati attraverso i canali social.
Ho avuto l’occasione di parlarne con Marzia Rocchetto, Career Coach, Network Trainer e Psicologa del Lavoro, in una piacevole e stimolante chiacchierata che oggi condivido qui con voi.
R: Marzia, mi confermi che le aziende e le agenzie di lavoro si basano molto sui canali social per studiare i profili dei candidati?
M: “Direi assolutamente di sì, sempre di più. Per scoprire anche le cose che le persone non dicono al colloquio, ma che inevitabilmente emergono nelle sfumature di quello che pubblicano online.”
R: CV versus profilo social: ci stiamo spostando sempre più verso un’identità “liquida” e virtuale?
M: “Certo, assolutamente. Il curriculum è qualcosa fatto allo scopo di farsi assumere, in cui l’idea di sé viene trasmessa in modo formale, anche un po’ “sterile” se vogliamo. Se da una parte la selezione è basata sulle competenze tecniche, dall’altra lo è però anche su aspetti più personali. Ecco che, per arricchire la ricerca con informazioni sugli interessi e i valori del candidato, il recruiter consulta i profili social – soprattutto Facebook e Instagram.
Più o meno consapevolmente, lasciamo tutti delle tracce che parlano di noi sui social: molto spesso le persone non pensano al fatto che i selezionatori si basano molto anche sul nostro modo di interagire, ad esempio, all’interno di gruppi pubblici: il nostro stile comunicativo, la scelta delle immagini, gli argomenti per cui mostriamo interesse.”
R: Occupandomi di personal branding fotografico, noto come l’esigenza della foto profilo arrivi spesso a completamento di un percorso di counseling fatto a monte con professionisti del vostro settore.
Trovi che ci sia maggior consapevolezza sull’importanza che riveste l’immagine personale nell’autopromozione?
M: “Non vale per tutti, ma ci sono persone che prestano la dovuta attenzione a tutti gli aspetti della candidatura e del self marketing, compreso quello della foto profilo. Forse c’è meno consapevolezza sugli aspetti tecnici necessari per la buona riuscita di un ritratto, come ad esempio la luce piuttosto che un make-up curato – che ho potuto conoscere proprio grazie a te. Quando ho avuto modo di accennare questi piccoli accorgimenti ad alcuni clienti, ho notato che li hanno accolti con sorpresa e hanno effettivamente scelto in seguito di sostituire la foto che avevano con un’immagine nuova. Le nozioni tecniche fotografiche, estetiche e comunicative, fanno parte di un mondo che è sconosciuto ai più, e che sicuramente è importante divulgare e far conoscere.
Anche se siamo alla ricerca di un lavoro dipendente, ormai tutti dobbiamo essere un po’ “imprenditori di noi stessi”: in questo contesto, optare per una scelta fotografica – come può essere il bianco e nero piuttosto che un particolare colore, o un’espressione seria piuttosto che volutamente informale ed empatica – diventa parte di un’immagine coordinata conscia del potenziale espressivo che porta con sé.”
R: Abbiamo avuto modo e piacere di conoscerci sul piano professionale per uno shooting, e so quanto sei sensibile al tema del ritratto come scoperta di sé: che cosa consiglieresti, dopo la tua personale esperienza, a chi teme l’obiettivo e lo rifugge?
M: “Da coach, psicologa, e persona che ti ha incontrato mi sento di dire che scegliere di farsi accompagnare da qualcuno nella riscoperta di sé è un atto di grande fiducia. La prima cosa, fondamentale, è quella di assicurarsi di sentire affinità con il professionista che scegli per il tuo curriculum piuttosto che per il tuo ritratto. È anche un atto di grande umiltà, che ci fa venire a patti con dei lati di noi che non ci piacciono. È da vivere come una grande opportunità. A volte ci sono persone che mi dicono “io so fare solo la cameriera”. È la stessa cosa che pensare “io non vengo bene in foto”. Uscire dalla zona di comfort, e mettersi in gioco, può farci iniziare un viaggio interiore di riscoperta veramente sconfinato. È un’esperienza molto più ricca di quanto si possa immaginare.
Quando fai un percorso di coaching è necessariamente una persona esterna ad aiutarti a riconoscere caratteristiche di te che davi per scontate o nemmeno sapevi di avere. Allo stesso modo, quando ti fai ritrarre, hai la restituzione da parte di uno sguardo esterno di un lato di te che diversamente non avresti potuto vedere.” ✦
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